Reviews

Lizzie by Shirley Jackson

rita89's review against another edition

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dark mysterious tense medium-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.75

leggendocosebelle's review

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dark informative medium-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? It's complicated
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.75

gabricarbs's review

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dark emotional mysterious medium-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.0

gloque's review against another edition

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dark mysterious reflective slow-paced

3.5

ileniazodiaco's review

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Le stelline mi mandano in confusione. Comunque sempre la solita pazza pazza Shirley. Beddu.

spezzzzz's review against another edition

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dark reflective tense slow-paced

3.5

lunabri's review

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challenging funny mysterious reflective slow-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.5

ilariam's review

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4.0

“Elizabeth Richmond, ventitré anni, non aveva amici, né genitori, né conoscenti, e nessun progetto che non fosse sopportare l’ineludibile intervallo antecedente la sua dipartita stando il meno male possibile”

“Elizabeth era così poco interessante da non meritare nemmeno un soprannome; e mentre i vivi, alle prese giorno dopo giorno coi frammenti e le sudicie inezie di un noioso passato o con la mancanza di spazio, conservavano un precario controllo sul proprio carattere individuale e la propria identità, lei restò senza nome; la chiamavano Elizabeth o Miss Richmond perché così si era presentata il giorno in cui aveva cominciato a lavorare lì e forse, se fosse caduta nel pozzo, ci si sarebbe accorti della sua assenza solo perché la targhetta dove c’era scritto Miss Elizabeth Richmond, donazione anonima, valore indefinito, sarebbe rimasta priva dell’oggetto corrispondente.”

Una ragazza anonima, che passa del tutto inosservata e che trascorre le sue giornate tra la routine lavorativa e il solito tran tran domestico in compagnia della vecchia zia.

“Non si era mai pentita nemmeno per un attimo di essersi fatta carico della nipote dopo la morte di sua sorella, poiché oltre a essere una ragazza bruttina Elizabeth era silenziosa e poco invadente”

“Vecchiaccia schifosa, pensò Elizabeth, e questa espressione la lasciò di stucco: la zia Morgen era stata sempre molto buona con lei. «Vecchiaccia schifosa» e si rese conto che stavolta aveva parlato ad alta voce. T’immagini se mi sente? pensò e ridacchiò. «Vecchiaccia schifosa» ripeté a voce altissima.«Mi hai chiamato, cocca?».«No, grazie, zia Morgen».”

La vita di Elizabeth Richmond è talmente incolore che persino delle lettere anonime, piene di ingiustificato astio, rappresentano un “piacevole” diversivo.
Ma questo non è che l’inizio, dato che strani eventi cominciano a susseguirsi, senza che Elizabeth se ne renda minimamente conto, sebbene chi la circondi cominci ad essere sempre più perplesso. Per Lizzie ci sono solo degli sgradevoli e sempre più frequenti mal di testa e dolori alla schiena.
Da qui, la decisione di rivolgersi al dottor Victor Wright, dedito alla psicoanalisi e all’ipnosi; ciò che l’anziano medico scopre nel corso delle sue sedute è davvero sbalorditivo, ossia un raro caso di personalità multipla:

“C’era R1, nervosa, afflitta da dolori lancinanti, torturata dalla paura, oppressa dall’imbarazzo, modesta, chiusa, e riservata fino alla paralisi verbale. C’era R2, che forse aveva il carattere che Miss R. avrebbe potuto avere in condizioni normali: una ragazza serena, tutta sorrisi, che rispondeva alle mie domande con sincerità e con serio raccoglimento, graziosa e rilassata, senza le rughe d’ansia che solcavano il viso della prima; R2 non pativa dolori fisici, poteva solo commiserare con dolcezza i tormenti di R1. E poi c’era R3, che, in un certo senso, era R2 all’eccesso: dove R2 era rilassata, R3 era sfrenata; dove R2 era schietta, R3 era insolente; dove R2 era piacevole e graziosa, R3 era dozzinale e chiassosa. Inoltre ciascuna delle tre aveva dei tratti che la rendevano subito riconoscibile: R1, che avevo conosciuto per prima, era, come si sa, timorosa, timida e goffa al punto da risultare poco attraente; R2 era amabile e seducente; R3 era una maschera deformata dalla volgarità. Il mite e fugace sorriso di R1, il viso aperto e ilare di R2 diventavano in R3 il ghigno subdolo o lo strepito brutale di una risata grossolana”

“Elizabeth la torpida, la stupida, l’inarticolata, ma in qualche modo anche la più stabile, giacché era rimasta lei a tirare avanti quando le altre si erano inabissate; Beth, dolce e sensibile; Betsy, irresponsabile e smodata; e Bess, arrogante e grossolana”

A Wright l’arduo compito di cercare di ricostruire il vero e completo io di Elizabeth, ostacolato dalla continua lotta intestina tra le varie personalità: le più deboli rischiano costantemente di soccombere, mentre le più forti combattono con le unghie e con i denti per affermarsi e annullare le altre.

“Mi vedevo (...) come un Frankenstein che ha per le mani il materiale necessario per costruire un mostro”

“(...) sono un mascalzone, per aver creato alla leggera, e un malvagio, per aver distrutto senza pietà”

Il racconto si dipana alternando alcuni punti di vista: c’è la (prolissa e a talvolta astrusa) prima persona del dottor Wright, ma anche la terza persona che ci offre la (parziale) visione di Lizzie e Betsy, e persino della zia Morgen.
Shirley Jackson sa gestire molto bene il passaggio dall’una alla altra, e in questo modo rende perfettamente l’idea di una realtà sfaccettata di cui si possono cogliere solo alcuni aspetti; solo assemblandoli insieme è possibile una visione più ampia.

Ovviamente, come solito con la Jackson, non manca un continuo stato di tensione, in attesa dell’evolversi degli eventi, un qualcosa che ormai è stato innescato e non potrà essere fermato prima del raggiungimento del climax con tutte le conseguenze del caso.

La forza di un romanzo come Lizzie, però, non è solo nella suspense derivante dallo scontro tra le varie personalità della protagonista e dal mistero circa quanto accaduto in passato e che ha portato alla frammentazione, ma è nella capacità della Jackson di delineare psicologie femminili credibili.
In fondo, c’è un sottile filo rosso che unisce tutte le sue eroine, da Mary Katherine e Connie (Abbiamo sempre vissuto nel castello) a Eleanor (L’Incubo di Hill House), fino ad arrivare alle tante sfaccettature di Elizabeth e alla stessa zia Morgen, nonché alla prima Elizabeth Richmond (Jones da nubile), figura enigmatica che non compare mai direttamente sulla scena ma a cui tutto si riconduce.
Abbiamo sempre di fronte delle donne che appaiono come prigioniere della propria vita, desiderose di fuggire, ma alla fin fine incapaci del passo decisivo: Morgen è una donna ormai anziana, imbruttita nel fisico e nello spirito, da sempre schiacciata da una sorella fin troppo bella, e che spesso e volentieri trova conforto nel brandy; Lizzie è debole e apatica; Beth dolce, ma lamentosa e totalmente incapace; Betsy - analogamente a Mary Katherine - è ancora ferma alla sua infanzia, e passa le sue giornate ad orchestrare scherzi malevoli e puerili; Bess ha fatto suoi gli aspetti più negativi del carattere della madre, a cui è stata legata da un rapporto di amore e odio, ed in questo caso si ricalca, in parte, la vicenda di Eleanor.
Figlie, sorelle, madri, in altre parole, donne dai legami complicati, spesso a causa di uomini.

Lizzie è quindi il primo romanzo dedicato al tema del disturbo dissociativo dell’identità, ma è anche uno spaccato della condizione femminile dell’epoca, in bilico tra passato e futuro, ancora incapace di liberarsi da imposti modelli comportamentali, con il conseguente inevitabile dissidio interiore.

Il finale ha un che di agrodolce, con una donna nuova, per la prima volta dopo tanto tempo “sola”, ma svuotata emotivamente, che ha ancora una lunga strada di fronte a se per raggiungere, se mai sarà possibile, la completezza.

sara_pavone's review against another edition

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3.0

3,5⭐️

marta_l's review against another edition

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dark mysterious reflective sad tense medium-paced

4.0