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echorain87's review against another edition
3.0
All'inizio questo libro mi aveva presa molto, Lafanu Brown è un personaggio straordinario, difficile credere che non sia realmente esistita. Ho trovato la sua storia difficile e commovente allo stesso tempo, con la voglia di rivalsa e di libertà di questa donna nera in un'America (e poi in Europa) di fine '800.
Ma andando avanti nella narrazione i vari intrecci con Leila li ho trovati molto deboli, quasi superflui, hanno aggiunto davvero poco alla storia, eccetto la vicenda di Binti che é stata l' unica che avesse davvero affinità con la vita di Lafanu.
La Scego scrive davvero bene, questo è indubbio, ma questo libro ha tradito un po' le mie aspettative.
Ma andando avanti nella narrazione i vari intrecci con Leila li ho trovati molto deboli, quasi superflui, hanno aggiunto davvero poco alla storia, eccetto la vicenda di Binti che é stata l' unica che avesse davvero affinità con la vita di Lafanu.
La Scego scrive davvero bene, questo è indubbio, ma questo libro ha tradito un po' le mie aspettative.
cdubiel's review against another edition
5.0
Read the English edition for Booklist. It's a challenging read, but so very worth it.
erica_'s review
adventurous
challenging
emotional
hopeful
informative
reflective
medium-paced
- Plot- or character-driven? A mix
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? It's complicated
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? It's complicated
3.5
wmavi's review
dark
inspiring
reflective
medium-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
phai___'s review
4.0
Mi è piaciuto moltissimo. Lo stile è fantastico, ti convince proprio dell'esistenza di tutti questi personaggi. Avrei voluto molto di più approfondire Ulisse e il rapporto con Lafanu, anche se capisco che fosse un espediente per raccontare la storia di lei. La storia di Binti mi ha appassionato molto, ma mi è piaciuto di meno il pov della cugina, Leila, nonostante appunto ne riconosca l'importanza e la forza.
suisidle's review
5.0
Quanto dolore nel ritrovarsi un po’ nelle scarpe di Lafanu Brown.
Quanta verità dietro le parole scritte dall’autrice.
Grazie.
Quanta verità dietro le parole scritte dall’autrice.
Grazie.
alicehumanbeing's review against another edition
5.0
Quanto male mi ha fatto questo libro.
Ma quanto bene mi ha fatto questo male non lo riesco a esprimere.
È un libro fatto attraverso un lavoro enorme, gigante che per la mia pigrizia e il mio scoramento sono incommensurabili. Mi ha ispirato da molteplici punti di vista e vorrei convinvere chiunque a leggerlo, prima possibile, perchè è un libro che parla di oggi, di ora, di noi.
Ma quanto bene mi ha fatto questo male non lo riesco a esprimere.
È un libro fatto attraverso un lavoro enorme, gigante che per la mia pigrizia e il mio scoramento sono incommensurabili. Mi ha ispirato da molteplici punti di vista e vorrei convinvere chiunque a leggerlo, prima possibile, perchè è un libro che parla di oggi, di ora, di noi.
ali_inthehummusland's review
emotional
inspiring
reflective
sad
tense
medium-paced
- Plot- or character-driven? A mix
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
lasiepedimore's review
5.0
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Alcune ONG mi hanno chiesto di diventare testimonial di una loro campagna per convincere le persone a non partire. Noi in Somalia il viaggio, lo sai, lo chiamiamo tahrib, da altre parti lo chiamano backway, e io so più di chiunque altro quanto sia pericoloso. Dicono che la Libia sia un pozzo nero. Che da lì non riemergi più. Io non lo so dire, in Libia nemmeno ci sono arrivata. Mi hanno azzannata prima. Ma ecco, cugina, dimmi tu che senso ha andare nei villaggi a dire alla gente di non partire. Io non lo potrei mai dire a un mio coetaneo. Perché ci vogliono togliere quello che loro – i bianchi, gli occidentali, quelli con il passaporto forte – hanno? Possono girare il mondo in lungo e in largo. E vogliono che noi invece non muoviamo un passo. Hanno paura di essere contaminati dal nostro sangue nero? È quella la paura che hanno i bianchi in Occidente? Dimmelo tu, che lì ci vivi. Per questo dico no a queste ONG. Non mi sembra una buona idea dire a un ragazzo: “Ehi, sei africano, sei sfigato, quindi stattene a casa tua, che il mondo non ti vuole.” Che messaggio è?
Ho finito di leggere La linea del colore da diversi giorni e da allora sono qui che mi arrovello su cosa scrivere al riguardo. È stata una lettura importante, capitata per caso in un momento storico nel quale le persone nere hanno di nuovo fatto sentire la loro rabbia negli USA e altrove per le violenze razziste che ancora subiscono.
Dopo la lettura di Adua qualche anno fa, ho ritrovato una Scego dalla scrittura più matura e incisiva, con una prosa che scorre garbata, ma potente e capace di scuotere, perché – semplicemente – non lascia la possibilità a chi legge di voltare lo sguardo dall’altra parte.
E cosa posso dire io di tutto questo? Di tutta questa rabbia, di tutta questa stanchezza, di questa voglia di cambiamento, di questa voglia di uguaglianza? Iniziamo a guardare meglio in casa nostra, tanto per cominciare: quante persone nere non possono respirare perché lasciate annegare nel Mediterraneo? Quante persone sono cittadine italiane di fatto, ma devono dimostrare la loro italianità dopo la maggiore età? Quante persone costrette all’invisibilità ci sono sul nostro territorio, sfruttate nei luoghi di lavoro e impossibilitate a vivere una vita dignitosa?
Cerchiamo di avere a cuore queste battaglie e di dar loro visibilità: senza la nostra spinta collettiva, se noi come popolazione italiana non ne facciamo una questione prioritaria, continueranno a vincere politici capaci solo di aggravare i problemi per poi spacciarsi per i salvatori della patria con il pugno di ferro.
Alcune ONG mi hanno chiesto di diventare testimonial di una loro campagna per convincere le persone a non partire. Noi in Somalia il viaggio, lo sai, lo chiamiamo tahrib, da altre parti lo chiamano backway, e io so più di chiunque altro quanto sia pericoloso. Dicono che la Libia sia un pozzo nero. Che da lì non riemergi più. Io non lo so dire, in Libia nemmeno ci sono arrivata. Mi hanno azzannata prima. Ma ecco, cugina, dimmi tu che senso ha andare nei villaggi a dire alla gente di non partire. Io non lo potrei mai dire a un mio coetaneo. Perché ci vogliono togliere quello che loro – i bianchi, gli occidentali, quelli con il passaporto forte – hanno? Possono girare il mondo in lungo e in largo. E vogliono che noi invece non muoviamo un passo. Hanno paura di essere contaminati dal nostro sangue nero? È quella la paura che hanno i bianchi in Occidente? Dimmelo tu, che lì ci vivi. Per questo dico no a queste ONG. Non mi sembra una buona idea dire a un ragazzo: “Ehi, sei africano, sei sfigato, quindi stattene a casa tua, che il mondo non ti vuole.” Che messaggio è?
Ho finito di leggere La linea del colore da diversi giorni e da allora sono qui che mi arrovello su cosa scrivere al riguardo. È stata una lettura importante, capitata per caso in un momento storico nel quale le persone nere hanno di nuovo fatto sentire la loro rabbia negli USA e altrove per le violenze razziste che ancora subiscono.
Dopo la lettura di Adua qualche anno fa, ho ritrovato una Scego dalla scrittura più matura e incisiva, con una prosa che scorre garbata, ma potente e capace di scuotere, perché – semplicemente – non lascia la possibilità a chi legge di voltare lo sguardo dall’altra parte.
E cosa posso dire io di tutto questo? Di tutta questa rabbia, di tutta questa stanchezza, di questa voglia di cambiamento, di questa voglia di uguaglianza? Iniziamo a guardare meglio in casa nostra, tanto per cominciare: quante persone nere non possono respirare perché lasciate annegare nel Mediterraneo? Quante persone sono cittadine italiane di fatto, ma devono dimostrare la loro italianità dopo la maggiore età? Quante persone costrette all’invisibilità ci sono sul nostro territorio, sfruttate nei luoghi di lavoro e impossibilitate a vivere una vita dignitosa?
Cerchiamo di avere a cuore queste battaglie e di dar loro visibilità: senza la nostra spinta collettiva, se noi come popolazione italiana non ne facciamo una questione prioritaria, continueranno a vincere politici capaci solo di aggravare i problemi per poi spacciarsi per i salvatori della patria con il pugno di ferro.