A review by matteottt
The Wine-Dark Sea by Robert Aickman

Robert Aickman avrebbe aborrito l'etichetta di genere che comunemente viene riferita ai suoi racconti, quella di "horror"; non apprezzava gli alfieri del genere, tra i quali Lovecraft, e preferiva definire le sue storie (il cui corpus è, tra l'altro, poco consistente: non si arriva alle cinquanta) "strange".
Di stranezza, in questi racconti riediti dalla casa editrice Faber Faber nel 2014, ne troviamo in abbondanza, e la strada che Aickman sceglie per condurci ad essa è sempre inaspettata, soprattutto se confrontata con i metodi di scrittori horror oggi onnipresenti sul mercato editoriale, tra i quali, ovviamente, Stephen King.
È assente qualsiasi tentativo di sistematizzare in un sistema coerente e denso di richiami interni (che potremmo chiamare anche, con una consapevole esagerazione, "lore") gli avvenimenti di questi racconti; raramente i fenomeni a cui i protagonisti vanno incontro sono illustrati, spiegati, sviscerati a fondo nelle loro regole di funzionamento, per quanto crudeli ed assurde possano essere. Uno dei topoi fondamentali delle storie di Aickman è quello del viaggiatore, sia egli un viaggiatore vero e proprio, che spesso vaga per paesaggi indefiniti e dalla consistenza dubbia, preferibilmente a piedi e senza una vera meta decisa (come in "The trains"), o una persona che copre larghissime distanze interiori per via di altri mezzi (il sogno, come in "Never visit Venice", o un telefono dal funzionamento peculiare, come in "Your tiny hand is frozen"): il viaggiatore del racconto di Aickman finisce, inevitabilmente, per entrare in contatto con la dimensione dell'incerto, dell'inquietante, dell'incubo - l'ingresso dell'orrore nel mondo umano (o, forse, è il contrario: è l'umano che finisce per entrare, senza permesso, nel mondo senza logica lineare dell'orrore) avviene sempre tramite una piccola crepa sulla superficie della vita di chi sta viaggiando , fisicamente o con il pensiero.
Gli avvenimenti paranormali sui quali i racconti sono spesso imperniati sono indefiniti, eterei, spesso risolti in poco tempo e, come già accennato, senza un'illustrazione pedante ed inutile del loro funzionamento, che in alcuni casi persino il finale sceglie di evitare; a parte "Growing boys", l'unico racconto davvero debole nella raccolta, il lettore non può che sentirsi stimolato da una prosa che è sempre elegante e misurata, ma che pare nasconde al di sotto le regole di funzionamento di un mondo altro, capace di apparire ai nostri occhi come comprensibile attraverso i simboli, o presunti tali, che Aickman dissemina per le sue storie; alla fine dei giochi, tuttavia, gli indizi rimangono fumosi e lo schema d'insieme è impossibile da ricondurre ad un significato unitario.
L'ultimo racconto, "Into the woods", è senza dubbio il capolavoro assoluto del gruppo, ed un notevole esempio di bravura; varrebbe da solo il prezzo del biglietto, se non fosse che il livello si mantiene altissimo per gran parte del libro.