A review by teatoto
V13 by Emmanuel Carrère

5.0

“È talmente incomprensibile, dice Nadia. Pensare che quelli che l’hanno uccisa avevano la sua età. L’età di tutti loro, fra i venticinque e i trent’anni. Che sono stati accompagnati a scuola tenendoli per mano, come lei accompagnava Lamia, tenendola per mano.
Erano dei bambini che venivano tenuti per mano.”

E poi sono diventati l’uno il carnefice e l’altra la vittima. Come è possibile?

“Due padri che hanno perso i figli si parlano. Poichè gli assassini erano tre, c’è una possibilità su tre che il figlio dell’uno abbia sparato il proiettile che ha ucciso la figlia dell’altro. Leggendo il loro dialogo, ci si chiede: che cosa è peggio? Avere un figlio assassino o una figlia assassinata?”

Questo libro sconvolge e turba. Le testimonianze dei sopravvissuti sono atroci. Alcuni di loro sono rassegnati, hanno avuto la capacità di reinventarsi. Altri si portano dentro (giustamente, dico io) un rabbia feroce. Tutti hanno un dolore enorme da raccontare e, attraverso la maestria di Carrere, quel dolore arriva dritto al lettore.
Ma anche la parte degli imputati è tosta. Si avverte una tensione crescente che culmina nella ricostruzione degli ultimi giorni prima del 13 novembre e il 13 stesso, parti che ho letto più volte, con i brividi. Tuttavia si avverte anche l’umanità (si può parlare di umanità?) dei terroristi. Alcuni di loro provano paura durante il processo e si dimostrano pentiti e sinceramente addolorati per le perdite delle vittime. Che sia per addolcire la pena o che provino veramente quelle cose non lo sapremo mai e forse non è neanche una domanda rilevante.
La domanda che invece mi rimarrà sempre impressa è questa: come è possibile che un essere umano si senta in diritto di togliere la vita a un altro essere umano?