A review by beesp
Compulsion by Meyer Levin

4.0

"Compulsion" è un libro affascinante, questo è il primo aggettivo che viene in mente dopo questa lettura. Si intromette nelle pulsioni e nelle motivazioni più segrete di due giovani studenti universitari, ricchi e brillanti, che decidono di commettere un crimine, senza alcuna ragione apparente. Il fatto è che, per la prima volta nello stato dell'Illinois, viene introdotta un'immagine diversa della salute mentale: non si può discutere di infermità e di non infermità, questi sono concetti giuridici che non sono riscontrabili per quanto riguarda la psicologia e la psichiatria. Questo sviluppo nella scelta difesa e nella conduzione del processo è provocato dalla spinta dei nuovi studi viennesi (Freud, sopra tutti). Meyer Levin, da profano della materia, ma da collega dei giovani e da coetaneo che tanti aspetti condivide con loro, cerca di fornire un resoconto di quei giorni che sconvolsero la città di Chicago per la crudezza del crimine commesso. Meyer Levin fu coinvolto nell'omicidio e poi nel processo in quanto fu colui che per primo riconobbe nel cadavere della le fattezze del ragazzo per cui era stato richiesto il riscatto, un giovane quattordicenne di buona famiglia, anche lui ebreo; si occupò poi delle cronache giornalistiche delle indagini e del processo e fu chiamato a testimoniare durante il processo.
Meyer Levin scrisse questo libro in occasione dell'udienza a proposito della possibilità di scarcerazione con la condizionale di uno dei due assassini (l'altro era stato ucciso precedentemente in carcere) e gli fu detto che la sua opinione avrebbe potuto influire sul giudizio del giudice.
Levin, dunque, fa in modo di ricostruire quella che è un'analisi psicologica delle motivazioni dei due assassini, sulla base dei colloqui con esperti psichiatri, trapelati sui giornali durante il processo. Il ritratto è spaventoso, si trattò di un crimine la cui volontà fu soprattutto quella di autodistruzione (simbolica), una autodistruzione che doveva cancellare la condizione - interpretata secondo il pregiudizio occidentale - debole di ebrei americani e rimediare ai conflitti con la propria identità sessuale e la propria sessualità. Ne risulta un romanzo "true crime" che toglie il fiato per l'affastellamento di pietà, compassione, ma anche disgusto e soprattutto rabbia. Rabbia per un processo che, se fosse stato condotto dopo l'abolizione della condanna a morte, forse sarebbe risultato ancora più giusto, ancora più importante per la storia della giurisprudenza e quella degli studi psicologici.