A review by fr_eddie
Tutti gli uomini sono mortali by Giancarlo Vigorelli, Simone de Beauvoir

4.0

Non so come possa essersi sentito Sartre quando Simone gli ha dedicato quest'opera. Ceh grazie amio però che ti ho fatto di male.

Il sillogismo del titolo è facile: se "tutti gli uomini sono mortali" e Fosca è immortale, cosa ci resta? Che Fosca non è un uomo. O, per dirla meglio, che Fosca, come diventa immortale, così perde la sua umanità.

«"Che cosa importa?" Troppe volte avevo detto queste parole. Ma se i villaggi incendiati, le torture e i massacri non avevano importanza, che importanza avevano le case nuove, i campi coltivati, i sorrisi dei neonati? Quali speranze mi erano ancora lecite? Non sapevo più soffrire né rallegrarmi: ero un morto.»

La storia inizia con Règine, un'attrice gelosa della sua collega Florence, che, a una certa, trova quest'uomo, appena uscito da un manicomio, che dice di essere un immortale. E Règine non si lascia sfuggire quest'occasione: essere amata da un immortale vorrebbe dire vivere per sempre, mica cazzi.
Quindi lo fa vivere con lei, gli chiede di scrivere una commedia, lui che ha vissuto per secoli, per poter mettere in scena una cosa che nessun uomo mortale potrebbe scrivere. Ma le cose vanno male, Fosca sembra interessarsi di persone all'infuori di lei (come cazzo si permette) e alla commedia neanche ci pensa.
E quando Fosca prova ad allontanarsi, perché non le faceva del bene, diciamo che Règine un po' si incazza, e prima che se ne vada a quel paese gli fa raccontare la sua storia.

Fosca nasce in Italia, a Carmona, e durante il suo regno si ritrova questo vagabondo con la pozione dell'immortalità. E che fai, non la bevi? Ovvio che la bevi.
Così Fosca difende Carmona per secoli, combatte Genova, combatte tutti, ma quando i Francesi entrano in gioco capisce che alla fine Carmona, e l'Italia, tutta divisa in corti e signorie, sono troppo poco per lui. Lui vuole l'universo. E guarda caso nasce un signorino di nome Carlo che avrà un impero "universale". Ma le cose, ovviamente, vanno male.
«Adesso avevo veramente capito: Carmona era troppo piccola, l'Italia era troppo piccola, e l'universo non esisteva.»

Così si ritrova a viaggiare il mondo per un secolo, incontra un altro uomo, lo salva dalla morte, inizia a viaggiare con lui, ma le cose ovviamente vanno male e quest'uomo si ritrova depresso, a morir di fame, e non vuole Fosca vicino mentre muore. Sentimento capibile.

Così Fosca se ne va a Parigi (nel millesettecento, sto furbetto), proverà ad innamorarsi, ma diciamo che non si può nascondere il fatto che lui non invecchia. E le cose vanno male, con Marienne che si ritroverà ad odiarlo, perché se lei gli aveva dato tutta la sua vita lui le aveva dato una ventina d'anni, niente di che.

Così continuerà a vegliare sui suoi figli, sui suoi nipoti, finché non sarà soffocato dalla continua ripetizione della vita.

«"Mi dimenticherai." Non ero stato io a dimenticarla. Marianne se n'era andata pian piano fuori dal mondo, fuori da me che ero per sempre in questo mondo. Nessuna traccia sotto il cielo, né sull'acqua, né sulla terra, nessuna traccia in nessun cuore; nessun vuoto, nessuna assenza, era tutto pieno. La stessa schiuma e sempre diversa, non manca neanche una goccia d'acqua.»

Un'esistenza sempre uguale, con uomini sempre pieni di difetti, ma al tempo stesso sempre diversa, con caratteristiche umane che continuano a variare, contesti che si susseguono e allontanano inesorabilmente la vita da ciò che era successo prima.

E dopo che Fosca racconta tutto questo a Règine, lei impazzisce un pochino. Ma giusto un poco. Sapere che la tua esistenza non ha importanza alla fine non è un dramma enorme, tranquillo, Fosca.

Quest'immortalità che opprime Fosca, però, rende l'uomo libero: quest'ultimo sarà anche destinato a morire in meno di un secolo, ma almeno lui avrà vissuto.

«Il popolo sapeva che domani avrebbe dovuto ricominciare a volere, a rifiutare, a combattere; domani avrebbe ricominciato; oggi era vincitore. Si guardavano in faccia, ridevano insieme: siamo vincitori, parlavano tra loro; e perché si guardavano in faccia e parlavano tra loro, sapevano di non essere moscerini né formiche, ma uomini; sapevano che era importante vincere e essere vincitori. Avevano rischiato, avevano dato la vita per convincersene, ed erano convinti: non esisteva un'altra verità»

Questo libro, oltre ad essere un grido d'aiuto di un uomo immortale, è anche una dichiarazione d'amore all'umanità. Perché, seppur sia sempre uguale, sempre corrotta e viscida, continua a vivere, a cambiare, a migliorarsi, a metterci tutta se stessa nella vita.
«Alla fine, morire; ma prima vivevano.»

La vita ci dà una sola occasione, questo è vero, ma proprio per questo si deve credere nei propri ideali, fare tutto ciò che si può, vivere al massimo, perché come noi siamo destinati a morire così lo erano gli uomini del medioevo, così lo saranno gli uomini del futuro, fermare la morte può solo portare a soffrire ancora di più, quindi l'unica soluzione è vivere quel periodo in cui siamo sulla Terra, e viverlo al meglio. (E magari credere nella reincarnazione che non fa mai male)

Lo consiglierei? Ovviamente. L'indifferenza di Fosca può prendere in certi punti, rendendo la storia monotona seppur cambi sempre. Magari è un po' lunghino, ma è carino.
Forse prendere per il culo Fosca può aiutare. Ceh fra tu sei nato nel milletrecento, mo mi spieghi come è possibile che è venuta prima a te l'idea dell'esercito costante e non mercenario che agli stati, quelli importanti.Bro.
Tanto sei tu lo scemo che si ritroverà a vivere con un topo.