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A review by antonella24
Novecento. Un monologo by Alessandro Baricco
4.0
In poche pagine Baricco ti mette davanti all'immensità della vita che con le sue infinite possibilità può spaventare l'uomo che si accinge a scegliere una strada da percorrere.
Come scriveva il filosofo Kierkegaard la libertà provoca nell'uomo un senso di angoscia, un senso di vertigine e allora non scegliere e rinchiudersi nel proprio guscio è la terza via percorsa dal protagonista.
"Cristo ma le vedevi le strade? Anche solo le strade. Ce n’erano a migliaia, come fate laggiù voi a sceglierne una. A scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… Io ho imparato così. La Terra, quella è una nave troppo grande per me. Un viaggio troppo lungo. Una donna troppo bella. Un profumo troppo forte. Una musica che non so suonare. Perdonatemi, ma io non scenderò."
Novecento ha paura delle responsabilità, delle delusioni, delle difficoltà, delle sconfitte, dei dolori, nell'ignoto dei sentimenti e allora si blocca su quel terzo gradino e torna indietro in una realtà che ha imparato a conoscere e che ha l'illusione di poter controllare.
Chissà quanti di noi sono fermi, da troppo tempo, su quel terzo gradino a guardare la vita scorrere da lontano. Paradossalmente questo romanzo ti fa venire voglia di vivere e correre dei rischi perché spesso le cose belle accadono solo se esci dalla tua comfort zone.
Come scriveva il filosofo Kierkegaard la libertà provoca nell'uomo un senso di angoscia, un senso di vertigine e allora non scegliere e rinchiudersi nel proprio guscio è la terza via percorsa dal protagonista.
"Cristo ma le vedevi le strade? Anche solo le strade. Ce n’erano a migliaia, come fate laggiù voi a sceglierne una. A scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… Io ho imparato così. La Terra, quella è una nave troppo grande per me. Un viaggio troppo lungo. Una donna troppo bella. Un profumo troppo forte. Una musica che non so suonare. Perdonatemi, ma io non scenderò."
Novecento ha paura delle responsabilità, delle delusioni, delle difficoltà, delle sconfitte, dei dolori, nell'ignoto dei sentimenti e allora si blocca su quel terzo gradino e torna indietro in una realtà che ha imparato a conoscere e che ha l'illusione di poter controllare.
Chissà quanti di noi sono fermi, da troppo tempo, su quel terzo gradino a guardare la vita scorrere da lontano. Paradossalmente questo romanzo ti fa venire voglia di vivere e correre dei rischi perché spesso le cose belle accadono solo se esci dalla tua comfort zone.