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A review by ziopera
It by Stephen King
adventurous
challenging
dark
emotional
hopeful
inspiring
mysterious
reflective
sad
tense
slow-paced
- Plot- or character-driven? A mix
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? It's complicated
5.0
Non mentirò dicendo che ho iniziato questo romanzo con aspettative quantomeno alte. E non mi ha decisamente deluso. Quando sentiamo “It” ci viene soprattutto in mente il clown-assassino-ammazza-bambini, che è certamente un elemento chiave del libro. Un elemento che però viene usato da King per parlarci di molto, molto altro.
Il razzismo, con l’incendio al Punto Nero, l’omofobia, con il brutale assassinio di Adrian Mellon, certamente causato in parte dall’influenza di It, ma anche perché il romanzo si svolge a Derry una cittadina di provincia tra gli anni ‘50 e ‘80. King è incredibile a descriverci questo tipo di realtà con tutte le sue sfaccettature e l’ipocrisia dei suoi abitanti, lo fa benissimo nelLe Notti di Salem e altrettanto magistralmente in It.
Sicuramente un’altra tematica fondamentale del romanzo è l’infanzia. Le caratterizzazioni e i rapporti fra i personaggi sono tra i migliori, forse addirittura I migliori che abbia mai letto, non scherzo. Ci si affeziona in modo rapido al club dei Perdenti, specialmente, nel mio caso, a Ben, Richie, Bill e Beverly, i miei personaggi preferiti.
It non è un romanzo totalmente perfetto: vi sono alcuni momenti leggermente noiosi, anche per una persona che ama lo stile “prolisso e descrittivo” di King, come me.
Ma credetemi, arrivate al finale. Perché, andando contro corrente, penso che il finale sia il punto più alto del libro, di un epicità lovecraftiana che ho trovato in pochi altri testi, mescolandosi con il fantasy. La ‘vera fine’ è di una tenerezza, ma allo stesso tempo di una malinconia e crudeltà pazzesca.
“È bello […] pensare che l’infanzia ha i suoi dolci segreti.”
“Scendeva a rotta di collo su Silver, correndo per battere il diavolo.
Il razzismo, con l’incendio al Punto Nero, l’omofobia, con il brutale assassinio di Adrian Mellon, certamente causato in parte dall’influenza di It, ma anche perché il romanzo si svolge a Derry una cittadina di provincia tra gli anni ‘50 e ‘80. King è incredibile a descriverci questo tipo di realtà con tutte le sue sfaccettature e l’ipocrisia dei suoi abitanti, lo fa benissimo nelLe Notti di Salem e altrettanto magistralmente in It.
Sicuramente un’altra tematica fondamentale del romanzo è l’infanzia. Le caratterizzazioni e i rapporti fra i personaggi sono tra i migliori, forse addirittura I migliori che abbia mai letto, non scherzo. Ci si affeziona in modo rapido al club dei Perdenti, specialmente, nel mio caso, a Ben, Richie, Bill e Beverly, i miei personaggi preferiti.
It non è un romanzo totalmente perfetto: vi sono alcuni momenti leggermente noiosi, anche per una persona che ama lo stile “prolisso e descrittivo” di King, come me.
Ma credetemi, arrivate al finale. Perché, andando contro corrente, penso che il finale sia il punto più alto del libro, di un epicità lovecraftiana che ho trovato in pochi altri testi, mescolandosi con il fantasy. La ‘vera fine’ è di una tenerezza, ma allo stesso tempo di una malinconia e crudeltà pazzesca.
“È bello […] pensare che l’infanzia ha i suoi dolci segreti.”
“Scendeva a rotta di collo su Silver, correndo per battere il diavolo.
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