A review by _marco_
Ernesto by Maria Antonietta Grignani, Umberto Saba

emotional lighthearted reflective medium-paced

5.0

Non mi aspettava quanto mi sarebbe piaciuto questo libro (dato che si tratta di una relazione quasi traumatica fra un'uomo ed un ragazzo), ma Saba mostra un turbamento psicologico di un’adolescente in una penna molto chiaro e a volte – se si potesse crederlo – anche un po’ dolce. 
Saba ci presenta un diciassettenne triestino che sta alla frontiere della maturità, raccontandoci la sua formazione sociale per cinque episodi di cui delle questioni profonde della mascolinità, del desiderio, e delle speranze per la vita sono posati e digeriti tramite un linguaggio semplicissimo di un giovinetto come Ernesto. 

Prima di rivolgere i miei pensieri, devo esprimere un’apprensione che provo io verso la discussione generale a proposito del romanzo. Mentre riconosco che questo libro è considerato il primo racconto gay della letteratura italiana, secondo io non si tratta di tanto – non affatto, anche direi – dell’amore queer, o della genere in modo abbastanza profondo. La relazione fra l’uomo ed Ernesto è più vicino alla pederastia (una cosa decisamente diversa dall’omosessualità). Sì, può darsi che sia un modo interessante per esplorare il turbamento dell’adolescenza in un racconto d’invenzione, però credo che sia importantissimo staccare la relazione fra l’uomo ed il ragazzo dall’etichetta di ‘gay’ oppure ‘queer,’ poiché classificarla come ‘gay’ perpetua dei narrativi falsi e malefici contro le persone queer; e poiché questa non rappresenta l’amore proprio, però invece è della sfruttazione dei un giovane curioso e del suo desiderio immaturo da un’adulto. Ciò detto, riconosco anche che questo libro rivolge alcune verità del desiderio queer, dei concetti e delle teorie queer, e degli atteggiamenti verso (o contro) le persone queer, e perciò magari questo libro può essere analizzato in modo più profondo. Rimango, insomma, in conflitto su cosa ne penso. 

Detto tutto questo, mi è piaciuto tantissimo questo racconto. 

 Ernesto non è un ragazzo ideale – come si vede in altri racconti – già dotato di una moralità ed un senso di sé degli adulti (o meglio, che si aspetta dagli adulti); invece Saba crea un personaggio imperfetto e fallibile, cioè, reale, che sta sempre cercando il medesimo nei posti e nelle persone che (in Trieste negli 1890 ma anche, in un senso, nell’attuale) vanno in contrario alla la coda sociale. Il protagonista si avvia per l'adolescenza con una certa innocenza, svelata dall’opacità con cui Saba descrive tutto tranne quello che vede e pensa Ernesto, e dall'uso liscio (e, secondo io, anche poetico) della lingua Triestina. Inoltre, Il linguaggio semplice, oltre di enfatizzare l'innocenza giovanile del protagonista, mette tutto in un punto di vista obiettivo, senza pregiudizi o rimproveri verso Ernesto. Non siamo giudici del giovinetto, ma spettatori – basta che lui si accorga delle conseguenze da sé.

“Le sue preferenze gli erano dettate unicamente dalla sensualità del momento; ed era una sensualità molto variabile: incerta perfino – come si è visto – per quanto riguarda la meta. Non si era mai chiesto, per esempio, se l’uomo era bello o brutto; lo aveva ascoltato per ragioni estranee all'estetica: desiderava di essere amato, e l’uomo l’amava.”

Trovo anche affascinante la dinamica del potere fra l’uomo ed Ernesto, e come cambia attraverso il racconto. La fine della storia (se si potesse dare una fine a un libro non finito) mi è piaciuta assai, sebbene io non possa trovare le parole specifiche per esprimere il perché (sto scrivendo nel mezzo della notte). Vorrei sapere quello che sarebbe accaduto fra Ernesto ed Ilio.
 Insomma è una lettura abbastanza bella, e lo consiglio a quelli che piacciono le storie leggeri, psicologiche, e letterarie. 


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