A review by blackjessamine
La ballata di Iza by Magda Szabó

5.0

Mi dispiace molto di aver letto questo libro in un periodo così complicato, dove non ho il tempo né la testa per sedermi seriamente alla scrivania e mettere insieme un commento un minimo sensato, perché lo meriterebbe davvero. Ci sono così tante cose importanti che si dovrebbero dire su questo libro e su Magda Szabò, e io non credo di esserne in grado, e mi dispiace moltissimo.
Magda Szabò è una scrittrice straordinaria, che è entrata nella mia vita di lettrice per caso ma l'ha profondamente segnata, ponendo delle nuove pietre miliari impossibili da ignorare. La sua scrittura è straordinaria, e ogni volta mi stupisco nel constatare quanto poco (relativamente, s'intende) sia conosciuta. La sua è una scrittura estremamente chirurgica, pulita e netta, eppure conserva sempre un'eleganza naturale, non è mai eccessiva, non è mai artefatta, è sempre fluida e lucidissima.
Le vicende raccontate nei suoi libri sono storie in apparenza semplici: si presentano come situazioni lineari, apparentemente comuni, ma poi acquisiscono spessore e vanno a costruirsi in maniera del tutto articolata e impensata, prendono strade impreviste, si avvoltolano su loro stesse e ribaltano quello che sembrava così evidente e semplice.
“La ballata di Iza” è, di nuovo, uno straordinario, straziante racconto sulla difficoltà di amare senza ferire l'amato. Etelka è una donna di provincia, semplice e buona, una donna che per tutta la vita ha tenuto le sue agili mani impegnate in una continua lotta contro la povertà, inventando ogni giorno esperienze nuove per sfuggire alla miseria. Ha un marito che ama moltissimo, che ha avuto una vita difficile ma ora, raggiunta finalmente una certa tranquillità economica e sociale, invece di godersi meritatamente la pensione, si ammala e muore. Etelka ha anche una figlia, Iza: Iza è una donna straordinaria, è bella, è primario nel reparto di reumatologia di Pest, è buona e generosa, fa di tutto per regalare dei mesi sereni e felici al padre prima della sua morte, e quando questa sopraggiunge, prontamente prende la madre a vivere con sé, per non lasciarla sola in una casa priva di comfort e piena di tristi ricordi.
Queste sono le premesse, premesse semplici, dove tutto sembra scorrere in maniera naturale verso una sola direzione, ma poi qualcosa cambia. Magda Szabò è un'osservatrice attentissima della condizione umana, e così i personaggi che costruisce vengono ad assumere una complessità e una profondità da lasciare sbigottiti. Le loro personalità emergono lentamente, si fanno conoscere quasi timidamente dal lettore, svelando solo in apparenza tutti i lati del proprio carattere. E così gli intrecci, le passioni, i lati nascosti delle vicende non hanno fretta nei romanzi della Szabò: il lettore viene cullato dallo scorrere di vite estremamente veritiere, per essere poi immerso sempre di più in esistenze claustrofobiche e strazianti.
Etelka ama la figlia, e sa che la figlia la ama: solo una persona estremamente generosa potrebbe decidere, dopo aver conquistato una grande indipendenza, di prendere in casa con sé una donna anziana e bisognosa di attenzione. Ed Etelka è felicissima di poter ricambiare l'amore e la gentilezza della figlia tornando a occuparsi di lei, a proteggerla e ad aiutarla, come faceva quando lei era piccola. Le cose però assumono col passare del tempo tinte sempre più stridenti, perché Pest non è più la città che Etelka ricorda dal viaggio di nozze; Iza non è più una bambina che ha bisogno della madre perché questa la aiuti a tenere ordine nella casa o nella sua vita; la vita in città è molto più frenetica e difficile di quanto lo fosse in una provincia tranquilla e abitata da volti nuovi, e così Etelka scivola sempre di più in una situazione straziante, fatta di paura e di depressione.
La vecchiaia raccontata dalla Szabò è qualcosa di terrificante, la solitudine, il sentirsi inutili e ormai appartenenti ad un mondo che non esiste più e che non potrà tornare mi hanno angosciata oltre ogni dire. Per di più, a questa claustrofobia si aggiunge anche l'impossibilità di riuscire a comunicare in maniera reale ed effettiva con chicchessia, nemmeno con le persone che più si amano - anzi, in particolare con le persone che più si amano. Gli esseri umani, nei romanzi della Szabò, sono delle isole, pianeti che orbitano attorno ad uno stesso centro, che si attraggono e si inseguono senza poter mai pensare di giungere ad un punto di comune comprensione. L'amore c'è, ed è straziante, ma non è mai sufficiente a creare un vero rapporto, anzi è solo un'arma che costringe le persone a porgere il fianco a ferite che non possono lasciare scampo.
Se Etelka mi ha ricordato terribilmente la scrittrice protagonista de “La porta”, Iza invece mi è parsa una Eszter ancora più compassata e ferma nel tentativo di venire a patti con la propria natura. Iza infatti ci prova, ci prova in tutti i modi ad ascoltare la sua ballata, ad essere la donna che vuole apparire, a nascondere quel suo naturale istinto all'egoismo autoconservativo, ma alla fine resta sorda ad ogni suono, la ballata che potrebbe salvarla scivola via, lontana, senza che le sue orecchie l'abbiano ascoltata.
A contorno di una vicenda semplice e straziante sorgono tutta una serie di personaggi secondari mirabilmente tratteggiati, che vanno a formare un sottobosco di intrecci e relazioni fondamentali per avere una diversa prospettiva rivelatrice di senso sulle due protagoniste. Antal, Gica, il dottore, il giornalaio, Lidia, sono tutti personaggi che crescono piano piano, che pur non avendo un'importanza di primo piano raggiungono una tridimensionalità rara.
“La ballata di Iza” è un romanzo stupendo, ma racchiude un dolore tale che non sono certa di poterlo consigliare a chiunque. E' un romanzo quasi debilitante, capace di togliere la serenità per diversi giorni, impossibile da mettere da parte solo chiudendone le pagine.