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A review by storiedisera
Infelicità senza desideri by Peter Handke
5.0
Come si racchiude la vita di una donna in una manciata di pagine? Come si scelgono le parole giuste, gli aneddoti più appropriati, i dialoghi più adatti, nel ritrarre qualcuno che ci è così vicino come la nostra stessa madre? Questo libro ha solo settantotto pagine e ne è un esempio perfetto.
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Sul giornale viene riportato un articolo: «Nella notte tra venerdì e sabato una casalinga cinquantunenne di A. (comune di G.) si è suicidata con una dose di sonnifero.» Quella donna è, fra le tante cose, la madre di Handke. La madre diventa personaggio di una storia che potrebbe essere quella di chiunque perché «solo le generalizzazioni che espressamente prescindano da mia madre come possibile protagonista straordinaria di una storia forse irripetibile possono riguardare qualcun altro oltre a me». Mi sono avvicinata a Handke intimorita e me ne allontano piena di meraviglia. Ho trovato una scrittura piena di consapevolezza e una storia immortale, cui ci si avvicina impotenti conoscendone già l’epilogo, afferrando solo in parte l’inesprimibile. Vi lascio il passaggio più bello, che ho letto e riletto prima di andare avanti e che a mio parere coglie proprio quell’inesprimibile:
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“Leggeva i giornali, e ancora più volentieri quei libri, di cui poteva confrontare le storie con la propria vita. Lesse con me, prima Fallada, Knut Hamsun, Dostoevskij, Gor’kij, poi Thomas Wolfe e William Faulkner. Non faceva commenti di critica letteraria, si limitava a raccontare con le sue parole quelli che l’aveva particolarmente colpita. «Io, però, non sono mica così,» diceva qualche volta, come se l’autore avesse voluto descrivere proprio lei. Leggeva ogni libro come una descrizione della propria vita, e leggendo cominciava a vivere; per la prima volta usciva fuori dal suo guscio; imparava a parlare di sé; a ogni libro le venivano in mente più cose. Così, a poco a poco, imparai qualcosa di lei.”
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Vincitore del premio Nobel per la letteratura, autore poco gettonato, Handke non ha deluso le mie aspettative e ne sono proprio contenta.
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Sul giornale viene riportato un articolo: «Nella notte tra venerdì e sabato una casalinga cinquantunenne di A. (comune di G.) si è suicidata con una dose di sonnifero.» Quella donna è, fra le tante cose, la madre di Handke. La madre diventa personaggio di una storia che potrebbe essere quella di chiunque perché «solo le generalizzazioni che espressamente prescindano da mia madre come possibile protagonista straordinaria di una storia forse irripetibile possono riguardare qualcun altro oltre a me». Mi sono avvicinata a Handke intimorita e me ne allontano piena di meraviglia. Ho trovato una scrittura piena di consapevolezza e una storia immortale, cui ci si avvicina impotenti conoscendone già l’epilogo, afferrando solo in parte l’inesprimibile. Vi lascio il passaggio più bello, che ho letto e riletto prima di andare avanti e che a mio parere coglie proprio quell’inesprimibile:
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“Leggeva i giornali, e ancora più volentieri quei libri, di cui poteva confrontare le storie con la propria vita. Lesse con me, prima Fallada, Knut Hamsun, Dostoevskij, Gor’kij, poi Thomas Wolfe e William Faulkner. Non faceva commenti di critica letteraria, si limitava a raccontare con le sue parole quelli che l’aveva particolarmente colpita. «Io, però, non sono mica così,» diceva qualche volta, come se l’autore avesse voluto descrivere proprio lei. Leggeva ogni libro come una descrizione della propria vita, e leggendo cominciava a vivere; per la prima volta usciva fuori dal suo guscio; imparava a parlare di sé; a ogni libro le venivano in mente più cose. Così, a poco a poco, imparai qualcosa di lei.”
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Vincitore del premio Nobel per la letteratura, autore poco gettonato, Handke non ha deluso le mie aspettative e ne sono proprio contenta.