A review by tizianabooks
La città dei vivi by Nicola Lagioia

4.0

Recensire i libri che riguardano fatti realmente accaduti è un affare spinoso, così come immagino sia scriverli.
C’è sempre il rischio che il testo sia troppo romanzato e quindi si perda l’attenenza ai fatti (o peggio che il fatto criminoso in esame venga quasi relegato ad un angolo, a pretesto narrativo per altro), oppure il pericolo è ricadere nel morboso regalando al lettore una dovizia di particolari che non sempre è utile o rispettosa nei confronti delle vittime del fatto, o – infine – il rischio è quello di scrivere una cronaca nuda e cruda dei fatti, qualcosa che può andar bene per un’inchiesta giornalistica ma è più complessa da “vendere” in un libro.
A peggiorare tutto quanto scritto in questa doverosa premessa, c’è che il fatto criminoso trattato in “La città dei vivi” – l’omicidio di Luca Varani – sia molto recente e molto vicino, tanto che ricordo ancora i servizi giornalistici a riguardo, la maniera in cui i programmi televisivi cercavano di scavare nel caso ad ogni orario del giorno e della notte pur di essere i primi a trovare qualche torbido particolare da rivendere agli spettatori, le interviste ai conoscenti di vittima e carnefici, lo sconvolgimento generale per un caso così efferato che sembrava più cronaca di altri Paesi.

Quindi, Lagioia è riuscito nell’arduo compito di creare un libro equilibrato sotto tutti questi punti di vista, ovvero fornire una sorta di ricostruzione dei fatti e al contempo renderla effettivamente fruibile per un lettore non appassionato di faldoni di tribunale?
Secondo me sì.

A parte una penna dallo stile essenziale ma mai manchevole di particolari per creare delle scene vivide nel riportare la storia, Lagioia si lancia qui e lì anche in riflessioni tanto importanti quanto potenzialmente “pesanti” su ciò che avviene in tutti noi nel momento in cui sentiamo parlare di casi di cronaca che hanno ampia eco: speriamo sempre di essere le vittime, ma non speriamo mai di non essere i carnefici – quasi fossimo assolutamente certi di non oltrepassare una linea netta (ma lo è davvero?) tra luce e ombra. Ma come è possibile avere ancora certezze simili quando a compiere un delitto non sono mafiosi di vecchia data, ma due persone qualsiasi?
Lo stile giornalistico viene mantenuto anche e soprattutto nel cercare un punto assolutamente equidistante nel narrare dei fatti accaduti: non si santifica la vittima per relegare i carnefici al ruolo di diavoli, ma pur mantenendo molto ben chiari i ruoli e non ricadendo mai nel “se l’è cercata” tanto caro ad alcuni giornali, si cerca di indagare sulle motivazioni più profonde – meno “da tribunale” – che potrebbero spingere due ragazzi di buona famiglia qualsiasi a uccidere per dissanguamento un loro coetaneo.
A tutto questo fa da sfondo Roma che, sentendo Lagioia, sembra quasi essere un mostro immortale capace di entrare nelle teste e nelle anime di chi lo abita, arrivando addirittura a corrompere alcuni dei suoi abitanti.