A review by logolepsy_e
L'assassinio del Commendatore. Libro secondo: Metafore che si trasformano by Haruki Murakami

2.0

Io di solito adoro il Murakami surreale e sognante, quello del realismo magico, che inserisce nella quotidianità dei suoi personaggi degli elementi fantastici inaspettati e sorprendenti.
In questo libro, purtroppo, non ho amato niente di tutto questo.

Come ho detto nella recensione del primo volume, questo romanzo ha di molto disatteso le mie aspettative.
Perché a mio parere qui troviamo una storia mal costruita, poco efficace, molto vuota e piena di niente.
Il grosso problema di questo romanzo è che, nella sua estrema lunghezza (in totale più di 800 pagine), sembra che si costruisca una perenne tensione, ricca di piccoli indizi e avvenimenti che sembrano avere peso e importanza, ma poi, alla prova dei fatti, non succede nulla e tutti quegli elementi inseriti in precedenza finiscono per non avere alcuna utilità.
L'autore inserisce una marea di spunti, diverse tematiche, ambienti, storie del passato, di per sé anche interessanti, ma che poi non conducono a niente e di cui quindi non si capisce l'utilità.
Il libro a un certo punto arriva ad uno snodo, il nostro protagonista si trova ad affrontare un viaggio surreale che sembra un omaggio ad Alice in Wonderland ma che per me aveva anche molto di dantesco (lui viene traghettato, poi accompagnato, poi trova la sua Beatrice, insomma), e lì ho pensato di essere arrivata al punto focale; invece no, è solo un altro elemento che rimane in sospeso, poco chiaro, mai spiegato. Certo, riconosco che in un libro come questo ci siano significati sotterranei che prescindono dalla trama vera e propria: tutto il discorso sull'arte, sulla comprensione di noi stessi, sui viaggi, metaforici e non, che dobbiamo affrontare nella vita per capirci meglio. Ma questi spunti narrativi sono inseriti in mezzo a un mare di futilità che non fanno che distogliere l'attenzione da quello che forse doveva essere davvero importante. Avrei preferito capirci un po' più chiaro in mezzo a tutti gli inquietanti misteri vissuti dal protagonista, che non conoscere a menadito i suoi menù, il contenuto delle sue buste della spesa e le sue ore di sonno.
Sono abituata al Murakami dei finali aperti, ma qui sembra proprio che nulla di quello che inserisce abbia un effettivo riscontro in quello che voleva costruire con questa storia. Tutti gli elementi inseriti nelle seicento pagine precedenti allo snodo finale, sebbene sembrasse avessero un certo peso, non hanno seguito, nessuno sviluppo, nessuna utilità. Niente viene risolto, nessun mistero trova risposta. Chi era Menshiki e cosa significa quello che dice il Commendatore a Marie riguardo a lui? Qual era il grande mistero celato nel passato di Amada? Perché era stato dipinto quel quadro? In che modo il viaggio del protagonista era collegato alla liberazione di Marie? Nulla di tutto questo ha una risposta, è il risultato è piuttosto frustrante: sembra di aver sprecato molte ore per nulla. Perché è questo che lascia, alla fine, il libro: nulla cosmico. Vuoto totale.