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A review by aleamo99
Cent'anni di solitudine by Gabriel García Márquez
challenging
funny
lighthearted
sad
medium-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? No
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
4.0
Marquez è riuscito a fare bene soprattutto una cosa: rappresentare a parole la mente di una persona sola. Tantissimi personaggi si dissolvono quando vengono lasciati soli, lo stesso accade nella realtà: diventano fantasmi prima di morire e sono fantasmi anche dopo la morte. Meravigliosa la ciclicità della solitudine, perché si è tutti soli, così come la solitudine-trappola: José Arcadio Buendia giunto alla vecchiaia vede la sua realtà deformata e conduce una vita da intrappolato. La solitudine è talvolta auto-inflitta a causa di un orgoglio inutile: è l'esempio di Amaranta e del Colonnello, i quali rispettivamente non hanno mai superato gli amori mancati e gli amori in realtà mai avuti.
E' anche la storia dello sfruttamento dell'America latina e della storia manipolata dai vincitori: la solitudine di José Arcadio Segundo è data proprio da questo, oltre che dall'orrore al quale ha avuto la sfortuna di assistere e dal quale, a posteriori, ha avuto la sfortuna di sopravvivere; anch'egli diviene invisibile, come tanti soldati e tanti lavoratori. E' la solitudine anche di Rebeca, sospettata di aver assassinato il marito e definitivamente dimenticata dalla sua famiglia, dopo già essere stata ripudiata. E' la solitudine di Remedios la bella: da chi muore desiderata, da nessuno al mondo compresa. E' la solitudine di tutti i figli di Fernanda, figli in realtà di un'educazione bigotta, superba, devota e aristocratica. Fino ad arrivare all'ultimo, che "se lo stanno mangiando le formiche": Aureliano, figlio di Aureliano Babilonia, il quale dalla solitudine e dall'isolamento ha tratto conoscenza infinita dalle pergamene profetiche di Melquiades.
Una vicenda stravagante e triste, tutto sommato, su un villaggio e la sua gente. Un vortice di nomi, un lento ma inesorabile scorrere del tempo che consuma ogni cosa: ogni personaggio è imperfetto ma per molti si prova empatia, perché tutti lottano contro la solitudine. A mio parere il punto di svolta è rappresentato dai conflitti politici: fino a quel momento ho fatto fatica ad abituarmi a causa di una mancanza di focus sui personaggi; più appannati invece l'inizio e la fine, ma penso che l'obiettivo dello scritto fosse anche quello di offuscare il lettore. Probabilmente dimenticherò i personaggi, ma non certe immagini: il sangue movente che si infiltra e scorre per le strade, i fiori gialli cadenti dal cielo, le farfalle, il treno, il muschio che cresce sulle persone, le gare di mangiate, gli edifici dopo l'alluvione, la zattera carica di prostitute francesi.
Marquez ha impiegato anni per completare il romanzo e ci ha inserito la storia della Colombia: l'epoca coloniale, il progresso, le ferrovie, il cinema, gli scioperi, la Guerra dei mille giorni. E' stato bello leggere come il tutto gli sia arrivato come un'illuminazione: mentre era in auto, si rende conto che era bloccato dallo stile e che doveva mescolare la storia che vuole raccontare con il modo di raccontare di sua nonna; grazie a questo stile è riuscito a rendere comiche scene affatto comiche, come l'uccisione dell'ultimo Aureliano. Si è chiuso in stanza per 18 mesi per narrare la storia di una famiglia di intelligenti, talentuosi, coraggiosi, laboriosi e belli. Potevano incantare chiunque, ma sono durati poco, poco più di cent'anni: sono scomparsi col vento. Non una lettura euforica, neanche triste: è stato come vedere l'acqua scorrere, a un certo punto (e soprattutto nella parte centrale), la cosa più naturale del mondo. Qualcosa di naturale, come la solitudine. Siamo sempre soli: quando nasciamo, cresciamo moriamo.
E' anche la storia dello sfruttamento dell'America latina e della storia manipolata dai vincitori: la solitudine di José Arcadio Segundo è data proprio da questo, oltre che dall'orrore al quale ha avuto la sfortuna di assistere e dal quale, a posteriori, ha avuto la sfortuna di sopravvivere; anch'egli diviene invisibile, come tanti soldati e tanti lavoratori. E' la solitudine anche di Rebeca, sospettata di aver assassinato il marito e definitivamente dimenticata dalla sua famiglia, dopo già essere stata ripudiata. E' la solitudine di Remedios la bella: da chi muore desiderata, da nessuno al mondo compresa. E' la solitudine di tutti i figli di Fernanda, figli in realtà di un'educazione bigotta, superba, devota e aristocratica. Fino ad arrivare all'ultimo, che "se lo stanno mangiando le formiche": Aureliano, figlio di Aureliano Babilonia, il quale dalla solitudine e dall'isolamento ha tratto conoscenza infinita dalle pergamene profetiche di Melquiades.
Una vicenda stravagante e triste, tutto sommato, su un villaggio e la sua gente. Un vortice di nomi, un lento ma inesorabile scorrere del tempo che consuma ogni cosa: ogni personaggio è imperfetto ma per molti si prova empatia, perché tutti lottano contro la solitudine. A mio parere il punto di svolta è rappresentato dai conflitti politici: fino a quel momento ho fatto fatica ad abituarmi a causa di una mancanza di focus sui personaggi; più appannati invece l'inizio e la fine, ma penso che l'obiettivo dello scritto fosse anche quello di offuscare il lettore. Probabilmente dimenticherò i personaggi, ma non certe immagini: il sangue movente che si infiltra e scorre per le strade, i fiori gialli cadenti dal cielo, le farfalle, il treno, il muschio che cresce sulle persone, le gare di mangiate, gli edifici dopo l'alluvione, la zattera carica di prostitute francesi.
Marquez ha impiegato anni per completare il romanzo e ci ha inserito la storia della Colombia: l'epoca coloniale, il progresso, le ferrovie, il cinema, gli scioperi, la Guerra dei mille giorni. E' stato bello leggere come il tutto gli sia arrivato come un'illuminazione: mentre era in auto, si rende conto che era bloccato dallo stile e che doveva mescolare la storia che vuole raccontare con il modo di raccontare di sua nonna; grazie a questo stile è riuscito a rendere comiche scene affatto comiche, come l'uccisione dell'ultimo Aureliano. Si è chiuso in stanza per 18 mesi per narrare la storia di una famiglia di intelligenti, talentuosi, coraggiosi, laboriosi e belli. Potevano incantare chiunque, ma sono durati poco, poco più di cent'anni: sono scomparsi col vento. Non una lettura euforica, neanche triste: è stato come vedere l'acqua scorrere, a un certo punto (e soprattutto nella parte centrale), la cosa più naturale del mondo. Qualcosa di naturale, come la solitudine. Siamo sempre soli: quando nasciamo, cresciamo moriamo.