A review by primix
L'inverno dei Leoni by Stefania Auci

4.0

Oh, adesso sì che ci siamo! Ho decisamente preferito questa seconda parte alla prima. Le descrizioni dei grandi palazzi, delle vivaci feste, ci portano la nobiltà palermitana della belle époque davanti agli occhi. E' tutto un frusciare di abiti pregiati, un brillìo di gioielli preziosissimi, di ambienti lussuosi che fa girare la testa, e non solo al lettore, ma anche ai protagonisti di questa storia.

La prima parte del romanzo scorre lenta, placida, come il carattere del suo protagonista, Ignazio Florio, che continua ed espande gli affari di famiglia, mettendo da parte anche se stesso, il suo tempo, i suoi sentimenti, annullandosi per dare lustro e prestigio al nome che porta.

Non così il figlio. Ignazio Florio junior si mangia tutto ciò che faticosamente il padre e il nonno hanno guadagnato: spregiudicato e con pochissima voglia di dedicarsi agli affari, vive la vita ricca che la sorte gli ha dato in dono finché riesce a trascinarla avanti. E' un declino inesorabile, dato un po' dalla mancanza di polso di Ignazio, un po' dalle sfortune esterne, che fa esplodere tutto questo luccichio in un ultimo fuoco d'artificio.

La vera protagonista della seconda parte del romanzo è però la moglie di Ignazio, donna Franca Florio. Forse proprio perché Ignazio segue poco gli affari di famiglia, anche il focus del racconto si sposta e si concentra sulla "stella più splendente di Palermo", la regina della mondanità dell'epoca. Una donna esuberante eppure tremendamente fragile, spezzata dalle continue sofferenze che il mondo le infligge. Lo splendore e il declino di Casa Florio sono il suo splendore e il suo declino. Alla fine del romanzo, di Ignazio rimane solo un povero vecchio che rimpiange ciò che ha avuto e che teme di essere dimenticato insieme ai suoi avi. Di Franca, invece, abbiamo un'immagine sempre più appannata ma mai spenta, fino alla fine, anche quando viene costretta a rinunciare a tutto. Le sue perle diventano il suo simbolo, ma anche il simbolo del romanzo intero. Preziose, amatissime, numerose come le sue lacrime, e infine perdute.

Il finale è a mio parere un po' monotono e monocorde: si continua a ripetere ciò che i Florio hanno perso, palazzi, gioielli, prestigio, navi... Tutto questo viene costantemente richiamato dai pensieri dei protagonisti. Capisco il desiderio di rendere il loro dolore e la loro angoscia per il futuro, ma l'ho trovato un po' ripetitivo.


Cos'è cambiato rispetto al romanzo precedente? Di sicuro, trattando di un tempo maggiormente vicino ai nostri giorni, le fonti da cui attingere saranno state più numerose. Mi viene quindi da domandarmi se la scarsità di elementi visivi nella narrazione del primo romanzo fosse voluta, dovuta a informazioni frammentarie che non sono state colmate per lasciar spazio alle nebbie di cui si ammanta il passato.