Mi spezza il cuore che l'ultimo Vargas, che abbiamo aspettato così a lungo, non mi sia piaciuto quanto avrei voluto. È un po' troppo lungo per la vicenda che racconta, abbiamo meno momenti con i personaggi - così amati - e che non siano collegati al caso e purtroppo neppure il caso è intrigante quanto i precedenti. E poi non c'è Danglard e questo per me è imperdonabile.
L'ultimo romanzo di Hendrix ne conferma la straordinaria capacità di parlare di prigionie femminili. È molto esplicito sull'argomento gravidanza e aborto e potrebbe fare soffrire parecchio, ma è così chiaro su dove si posizioni il male, sulle crudeltà inferte sulle giovani donne nel momento più delicato della loro vita. È duro ma pieno di momenti di grande calore, di mani strette sotto le lenzuola e di sorellanza. La stregoneria è collettività e condivisione, e Hendrix ne ha restituito un ritratto incantevole.
Flaws of characters a main focus? It's complicated
3.75
In Ghost Story Straub sistema quello che a parere mio non andava moltissimo in Il drago del male: entrambi i romanzi infatti hanno un numero importante di personaggi, entrambi sono ambientati nella borghesia medio-alta e in entrambi un male misterioso minaccia una cittadina intera. Ghost Story, grazie al maggior numero di pagine, riesce a elaborare meglio, costruendo un mondo ricco e sfaccettato in cui la minaccia risulta molto più spaventosa. L'elemento horror è molto più intrigante e il senso di tragedia imminente è più tangibile tra le pagine, rispetto all'altro romanzo citato. È però pur sempre un romanzo della sua età, in cui le donne sono tutte ritratte come tr0ie insensibili e crudeli, mentre le loro controparti maschili - le sole effettivamente colpevoli di qualcosa - sono invece raccontate con la solidarietà concessa alle vittime. Trascurato questo, è un bellissimo romanzo dell'orrore.
Nonostante abbia compreso l'intento dell'autrice, penso riesca solo in parte a raggiungerlo. Vuole essere edgy e provocatorio ma accenna solo alla violenza promessa per la maggior parte del libro, esplodendo giusto nella parte finale che è infatti secondo me quella meglio riuscita. Dopo 200 pagine che mi hanno lasciata titubante, la fine arriva a esplorare la protagonista nel modo in cui avrei voluto facesse fin dall'inizio. Ho provato parecchia pietà per lei, ma non sono sicura di poterne attribuire il merito all'autrice. Il romanzo nel complesso mi è sembrato acerbo e poco equilibrato. Leggerò comunque il resto, della stessa autrice, ma con meno entusiasmo.
Ben più accessibile del primo nebuloso volume della saga della Torre Nera, La chiamata dei tre restituisce al personaggio di Roland una dimensione umana che ce lo avvicina molto. I suoi comprimari sono piacevoli e tridimensionali, e averli trovati arricchisce la vicenda. Rimane il respiro epico che immagino troverò fino alla fine e che devo imparare ad amare.
Questa è una storia di infestazione anomala: la casa non vuole il male della sua proprietaria, anzi. Il legame della donna con la propria abitazione diventa controverso perché la casa, come spesso fanno le forze del male, fornisce quello che si pensa di desiderare. Sabrina è circondata di persone che non la conoscono al di fuori del ruolo che lei ricopre nei loro confronti e finisce per riscoprire un mondo in cui anche lei ha diritto di esistere. La lettura è leggera e veloce, adatta a quei pomeriggi invernali in cui si vuole solo stare sul divano con un racconto dell'orrore. Manca dell'impatto emotivo di autori come Hendrix ma offre spunti di riflessione interessanti.
La vita delle sorelle Maraviglia è piena di tribolazioni: accompagnarle nel percorso è spesso impegnativo ma non per questo spiacevole. Il cognome delle donne parla di tutti gli infiniti modi che esistono di volersi bene, e conferma il concetto che Jennifer Guerra esplora nel suo "Il capitale amoroso": l'amore romantico è un privilegio. Il modo in cui lo vive chi fatica nella sopravvivenza è ben diverso, ma questo non ne sporca la purezza, qualora si abbia la fortuna di incontrarlo. Penserò spesso a Patrizia, Lavinia, Marinella, Selma e Rosa.