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syssymyssy's review against another edition
adventurous
dark
emotional
informative
reflective
medium-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? It's complicated
- Loveable characters? No
- Diverse cast of characters? No
- Flaws of characters a main focus? Yes
3.5
michidoc's review against another edition
4.0
Non sono avvezza alla scrittura nordica e avevo fallito altri tentativi con scrittori finlandesi. Ma questo romanzo di Rosa Liskom mi ha davvero sorpresa. Un po' ostico, non particolarmente scorrevole a tratti, ma davvero intrigante e interessante.
Della protagonista non sappiamo il nome, non conosciamo la voce, perché se parla lo fa con discorsi indiretti o citazioni. Ma sappiamo che sta viaggiando verso Ulan Bator, ma lo fa solo con il corpo: la sua mente e la sua anima tornano spesso indietro, a Mosca, dove ci sono i suoi affetti. È come se per lei il tempo non scorresse in maniera lineare, ma ciclica: ritorna sempre al passato, fino alla fine.
Il suo compagno di scompartimento, russo, è un uomo pessimo, ma un meraviglioso personaggio. Un vecchio disilluso, un'anima buona nel corpo di un depravato o forse un'anima cattiva in un corpo robusto e genuino. Si crea un rapporto che non è un rapporto, una conoscenza a senso unico del russo che si racconta... finché il tempo ciclico della ragazza si arresta, e lui diventa il perno su cui ricostruirsi, su cui tornare.
Ho adorato le descrizioni, perché ogni paesaggio per quanto formato spesso da neve, boschi di betulle e sole che sorge o cala, è raccontato senza fronzoli e allo stesso tempo con tanto sentimento.
Spesso i testi si ripetono, cosa che mi rimanda a questa ciclicità del viaggio - ogni volta che lasciano una cittadina sulla rotta per la Mongolia, la ragazza ripete costantemente lo stesso elenco di cose che restano indietro, come se le cittadine fossero tutte uguali: tutta unione sovietica, profondamente diversa e insieme identica.
Luoghi squallidi, abbruttiti, di cui restano solo macerie di un tempo felice, ma disperatamente attaccati a una speranza quasi brutale e rabbiosa di tornare a vivere, e non solo sopravvivere. Anche se forse sopravviveranno soltanto ancora a lungo.
Si vede che in questo romanzo c'è grande amore per la Russia e i russi, perché i difetti non vengono nascosti, non diventano oggetto di derisione o pietà, ma creano un'immagine vera, autentica, epurata dal buonismo e dalla cieca ammirazione.
Un libro difficile, sottile ma profondamente interessante.
Della protagonista non sappiamo il nome, non conosciamo la voce, perché se parla lo fa con discorsi indiretti o citazioni. Ma sappiamo che sta viaggiando verso Ulan Bator, ma lo fa solo con il corpo: la sua mente e la sua anima tornano spesso indietro, a Mosca, dove ci sono i suoi affetti. È come se per lei il tempo non scorresse in maniera lineare, ma ciclica: ritorna sempre al passato, fino alla fine.
Il suo compagno di scompartimento, russo, è un uomo pessimo, ma un meraviglioso personaggio. Un vecchio disilluso, un'anima buona nel corpo di un depravato o forse un'anima cattiva in un corpo robusto e genuino. Si crea un rapporto che non è un rapporto, una conoscenza a senso unico del russo che si racconta... finché il tempo ciclico della ragazza si arresta, e lui diventa il perno su cui ricostruirsi, su cui tornare.
Ho adorato le descrizioni, perché ogni paesaggio per quanto formato spesso da neve, boschi di betulle e sole che sorge o cala, è raccontato senza fronzoli e allo stesso tempo con tanto sentimento.
Spesso i testi si ripetono, cosa che mi rimanda a questa ciclicità del viaggio - ogni volta che lasciano una cittadina sulla rotta per la Mongolia, la ragazza ripete costantemente lo stesso elenco di cose che restano indietro, come se le cittadine fossero tutte uguali: tutta unione sovietica, profondamente diversa e insieme identica.
Luoghi squallidi, abbruttiti, di cui restano solo macerie di un tempo felice, ma disperatamente attaccati a una speranza quasi brutale e rabbiosa di tornare a vivere, e non solo sopravvivere. Anche se forse sopravviveranno soltanto ancora a lungo.
Si vede che in questo romanzo c'è grande amore per la Russia e i russi, perché i difetti non vengono nascosti, non diventano oggetto di derisione o pietà, ma creano un'immagine vera, autentica, epurata dal buonismo e dalla cieca ammirazione.
Un libro difficile, sottile ma profondamente interessante.
agnescato's review against another edition
informative
medium-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? No
- Loveable characters? It's complicated
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
1.0
ridgewaygirl's review against another edition
5.0
A young Finnish woman sets out on a long train journey across the Soviet Union, from Moscow to Ulan Baator, Mongolia. The person assigned to share her compartment is an older Russian man, often drunk, usually loud, sometimes unsafe. But also expansive and somewhat friendly. As the journey progresses, he talks, the Russian landscape scrolls past the windows and the trains stops in towns further and further from Moscow.
I'm not sure how to describe this book, except that it is about a place and a style of life that doesn't exist in the same way anymore, written about vividly and without judgement. The protagonist's words are omitted from the story, leaving only the place and the people, especially her travel companion, to speak for her. This is an extraordinary novel and one I'm so pleased to have read.
I'm not sure how to describe this book, except that it is about a place and a style of life that doesn't exist in the same way anymore, written about vividly and without judgement. The protagonist's words are omitted from the story, leaving only the place and the people, especially her travel companion, to speak for her. This is an extraordinary novel and one I'm so pleased to have read.
ivalimaki's review against another edition
emotional
mysterious
medium-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? No
- Flaws of characters a main focus? No
3.0
jentuo's review against another edition
3.0
Kaunista ja monipuolista kerrontaa, vaikkakin kuvaili äärimmäisen ankeita olosuhteita. Välillä tipuin tosin kärryiltä ja huomasin lukeneeni kyllä parikin sivua, mutta sisäistäneeni siitä todella vähän. Osittain johtui hieman haasteellisesta juonesta, osittain tekstin tyylin sopimattomuudesta kyseiseen hetkeen. Vaatii siis ainakin välillä todella paljon keskittymistä.
Tämän luettuani en myöskään yhtään ihmettele, kuinka Rosa Liksom promovoitiin muutama vuosi sitten Lapin yliopiston kunniaprofessoriksi.
Tämän luettuani en myöskään yhtään ihmettele, kuinka Rosa Liksom promovoitiin muutama vuosi sitten Lapin yliopiston kunniaprofessoriksi.
miraphora's review against another edition
4.0
E' in momenti come questo che mi rendo conto di non essere una persona di grande cultura.
Non c'è modo di girarci attorno, non c'è metafora che regga. Essere una bookblogger non è indice di preparazione, di cultura, di ricchezza intesa come profondità e di proprietà di linguaggio, di conoscenza della storia, della vita, del mondo.
E' in momenti come questo che un po' mi vergogno di far finta di scrivere una recensione. Perché, parliamoci chiaro, non è da tutti saper dare la giusta luce a Scompartimento n.6, semplicemente mi sono resa conto che per recensire un romanzo come questo ci vuole molto più della banale conoscenza del lessico. Ci vuole spessore e io, lo ammetto, non ne ho.
L'imbarazzo è esploso cattivissimo quando ho letto l'ultima parola del bellissimo saggio finale di Delfina Sessa che ha illuminato a giorno l'oscurità nella quale ho arrancato per quasi tutto il romanzo. Grazie a quelle poche pagine ho potuto trovare le parole per esprimere un pensiero che non sapevo come rendere reale ma che è cresciuto con ogni pagina, lasciandomi alla fine satura, completamente appagata ma, al tempo stesso, incapace di esprimere ciò che mi gira in testa.
Non posso eguagliare un'analisi così bella, sciolta, profonda e accurata ma posso - umilmente - cercare di ricreare la sensazione che Rosa Liksom mi ha passato dalle pagine, come il gelo siberiano che penetra e congela ogni cosa.
E' il 1986 a Mosca e la ragazza - protagonista senza nome e voce narrante - sale sul treno che la porterà ai confini del mondo. Non è un treno qualsiasi, è la Transiberiana, un mostro di acciaio gorgogliante, pachidermico, una capsula che attraversa spazio e tempo e che porta da Mosca a Vladivostok, dall'Europa all'Asia.
Nel XXI secolo pensare ad un viaggio su questo treno evoca immagini romantiche e avventurose di carrozze foderate di velluto, di vagoni ristorante che servono pranzi di alta cucina, di passeggeri ricchi, puliti, felici. Ma negli anni '80, un periodo che per l'Unione Sovietica è stato un passaggio generazionale e ideologico, viaggiare su quel treno era tutt'altro che un'avventura da turista.
La ragazza intraprende questo viaggio per commemorare un amico perso, un passato che ormai se n'è andato, una felicità che è svanita e che probabilmente non proverà mai più. Scappa da Mosca sola e sola arriverà alla sua ultima stazione, Ulan Bator, ma durante il viaggio sarà sempre in compagnia.
Silenziosa, minuta, impaurita, la ragazza finlandese è come un'aliena per il russo Vadim Nikolaevic Ivanov, metalmeccanico e operaio edile. Un blocco di muscoli, lineamenti rozzi, grossolani, la perenne bottiglia di vodka vicino e una malinconica tendenza al racconto, Vadim è l'opposto estremo della ragazza.
"E così siamo in due. E dritti ci portano i binari luccicanti nel frigorifero di Dio."
Misogino e violento, ossessionato dal sesso un attimo, paterno, amichevole ed estremamente generoso quello dopo, Vadim è per tutta la durata del romanzo una costante nell'esperienza della ragazza. Dapprima per lui prova disgusto, una paura che la fa fuggire e che la rinchiude in un silenzio scostante, poi con il macinare dei chilometri, ad ogni fermata del treno, scopre in lui lati inaspettati, che lo trasformano magicamente da operaio sudato e ubriaco a narratore capace di appassionare nonostante gli errori storici. Dal voler rimanere sola al cercare la sua compagnia, la ragazza scopre che non sempre la solitudine è la scelta migliore e che a volte appoggiarsi a chi respira e sanguina il suo paese può essere un'esperienza liberatoria.
Lo stesso percorso viene vissuto dal lettore, che si ritrova ad aspettare il ritorno del burbero Vadim e a vederlo come un improbabile salvatore, un amico che agisce come chiave di volta e aiuta a interpretare l'incomprensibile mentalità russa tra una tracannata di samogon e una sferzata di volgare - ma ironica - filosofia proletaria.
Nonostante spesso abbia accusato la mancanza di una migliore conoscenza della storia sovietica, la Liksom non fa pesare al lettore qualsiasi grado di ignoranza possieda, poiché non vuole raccontare la Storia, ma quella storia, il viaggio di riscoperta della ragazza e di cambiamento di Vadim. Non c'è arroganza, non c'è ricercatezza fine a se stessa, non c'è quel muro che impedisce al lettore di lasciarsi trasportare dalla storia liberamente, senza pesi.
Per questo, anche se mi sarebbe piaciuto poter comprendere a fondo certe sfumature, posso dire di aver sentito questo racconto, di aver apprezzato lo stile, la storia, i personaggi, tutto e in tutti i punti, e che non c'è niente di meglio di farsi fulminare da un romanzo e buttarsi senza paura, anche se è lontano da quello che si legge di solito.
Non c'è modo di girarci attorno, non c'è metafora che regga. Essere una bookblogger non è indice di preparazione, di cultura, di ricchezza intesa come profondità e di proprietà di linguaggio, di conoscenza della storia, della vita, del mondo.
E' in momenti come questo che un po' mi vergogno di far finta di scrivere una recensione. Perché, parliamoci chiaro, non è da tutti saper dare la giusta luce a Scompartimento n.6, semplicemente mi sono resa conto che per recensire un romanzo come questo ci vuole molto più della banale conoscenza del lessico. Ci vuole spessore e io, lo ammetto, non ne ho.
L'imbarazzo è esploso cattivissimo quando ho letto l'ultima parola del bellissimo saggio finale di Delfina Sessa che ha illuminato a giorno l'oscurità nella quale ho arrancato per quasi tutto il romanzo. Grazie a quelle poche pagine ho potuto trovare le parole per esprimere un pensiero che non sapevo come rendere reale ma che è cresciuto con ogni pagina, lasciandomi alla fine satura, completamente appagata ma, al tempo stesso, incapace di esprimere ciò che mi gira in testa.
Non posso eguagliare un'analisi così bella, sciolta, profonda e accurata ma posso - umilmente - cercare di ricreare la sensazione che Rosa Liksom mi ha passato dalle pagine, come il gelo siberiano che penetra e congela ogni cosa.
E' il 1986 a Mosca e la ragazza - protagonista senza nome e voce narrante - sale sul treno che la porterà ai confini del mondo. Non è un treno qualsiasi, è la Transiberiana, un mostro di acciaio gorgogliante, pachidermico, una capsula che attraversa spazio e tempo e che porta da Mosca a Vladivostok, dall'Europa all'Asia.
Nel XXI secolo pensare ad un viaggio su questo treno evoca immagini romantiche e avventurose di carrozze foderate di velluto, di vagoni ristorante che servono pranzi di alta cucina, di passeggeri ricchi, puliti, felici. Ma negli anni '80, un periodo che per l'Unione Sovietica è stato un passaggio generazionale e ideologico, viaggiare su quel treno era tutt'altro che un'avventura da turista.
La ragazza intraprende questo viaggio per commemorare un amico perso, un passato che ormai se n'è andato, una felicità che è svanita e che probabilmente non proverà mai più. Scappa da Mosca sola e sola arriverà alla sua ultima stazione, Ulan Bator, ma durante il viaggio sarà sempre in compagnia.
Silenziosa, minuta, impaurita, la ragazza finlandese è come un'aliena per il russo Vadim Nikolaevic Ivanov, metalmeccanico e operaio edile. Un blocco di muscoli, lineamenti rozzi, grossolani, la perenne bottiglia di vodka vicino e una malinconica tendenza al racconto, Vadim è l'opposto estremo della ragazza.
"E così siamo in due. E dritti ci portano i binari luccicanti nel frigorifero di Dio."
Misogino e violento, ossessionato dal sesso un attimo, paterno, amichevole ed estremamente generoso quello dopo, Vadim è per tutta la durata del romanzo una costante nell'esperienza della ragazza. Dapprima per lui prova disgusto, una paura che la fa fuggire e che la rinchiude in un silenzio scostante, poi con il macinare dei chilometri, ad ogni fermata del treno, scopre in lui lati inaspettati, che lo trasformano magicamente da operaio sudato e ubriaco a narratore capace di appassionare nonostante gli errori storici. Dal voler rimanere sola al cercare la sua compagnia, la ragazza scopre che non sempre la solitudine è la scelta migliore e che a volte appoggiarsi a chi respira e sanguina il suo paese può essere un'esperienza liberatoria.
Lo stesso percorso viene vissuto dal lettore, che si ritrova ad aspettare il ritorno del burbero Vadim e a vederlo come un improbabile salvatore, un amico che agisce come chiave di volta e aiuta a interpretare l'incomprensibile mentalità russa tra una tracannata di samogon e una sferzata di volgare - ma ironica - filosofia proletaria.
Nonostante spesso abbia accusato la mancanza di una migliore conoscenza della storia sovietica, la Liksom non fa pesare al lettore qualsiasi grado di ignoranza possieda, poiché non vuole raccontare la Storia, ma quella storia, il viaggio di riscoperta della ragazza e di cambiamento di Vadim. Non c'è arroganza, non c'è ricercatezza fine a se stessa, non c'è quel muro che impedisce al lettore di lasciarsi trasportare dalla storia liberamente, senza pesi.
Per questo, anche se mi sarebbe piaciuto poter comprendere a fondo certe sfumature, posso dire di aver sentito questo racconto, di aver apprezzato lo stile, la storia, i personaggi, tutto e in tutti i punti, e che non c'è niente di meglio di farsi fulminare da un romanzo e buttarsi senza paura, anche se è lontano da quello che si legge di solito.
kittymamers's review against another edition
3.0
selle raamatuga kujunes mu suhe kiiresti isiklikuks, sest... ma olen seda ju teinud. ma olen sõitnud Trans-Siberi ekspressiga Moskvast Ulaanbaatarissse (ja edasigi), olen käinud Irkutskis ja Ulan-Udes ja Sühbaataris, olen jaganud kupeed alkohoolikust vene mehega ja teostanud "kuivpesu" haisvas rongipeldikus. 20 aastat hiljem kui tüdruk Liksomi raamatus, aga väga palju vahet vist ei olnudki, ainult neid mitmepäevaseid peatusi rong ei teinud ja seega ei sundinud keegi mind pärast Irkutskis mahaminemist hiljem uuesti Ediku juurde tagasi kolima. (Edik ka õnneks rääkis vähem ja ei üritanud vägistada. aga samas jällegi magas rohkem ja karjus unes.)
nii et mul võiks olemas olla vastus sellele, miks keegi üldse peaks sellise reisi ette võtma. ütleme nii: kui oleks "Kupee nr 6" enne läbi lugenud ja kui oleks teadnud, et just nii ongi, ega siis poleks läinud. ehk siis - puhas idealism ja naiivsus :)
ma ei oskagi raamatu kohta muud öelda kui kinnitada, et see on kõik väga hästi ja õigesti kirja pandud ja täpselt nii oligi/ongi. siin ei väideta kuskil isegi seda, et Venemaa ilus oleks (v.a. Baikali järv). ja raamatu lõpus tabas mind täpselt sama kergendus, mis mu enda reisi lõpus: see kõik oli väga huvitav, aga jumal tänatud, et see on läbi ja et tagasi saab lennukiga!
nii et mul võiks olemas olla vastus sellele, miks keegi üldse peaks sellise reisi ette võtma. ütleme nii: kui oleks "Kupee nr 6" enne läbi lugenud ja kui oleks teadnud, et just nii ongi, ega siis poleks läinud. ehk siis - puhas idealism ja naiivsus :)
ma ei oskagi raamatu kohta muud öelda kui kinnitada, et see on kõik väga hästi ja õigesti kirja pandud ja täpselt nii oligi/ongi. siin ei väideta kuskil isegi seda, et Venemaa ilus oleks (v.a. Baikali järv). ja raamatu lõpus tabas mind täpselt sama kergendus, mis mu enda reisi lõpus: see kõik oli väga huvitav, aga jumal tänatud, et see on läbi ja et tagasi saab lennukiga!